In vacanza con i consigli di lettura di Riccardo Parigi

Vi state preparando alle vacanze? Cercato un libro da leggere? Ecco i consigli di lettura di Riccardo Parigi.

Consigli di lettura

Stefano Cosmo, Dentro la gabbia, Marsilio 2023.

Il trentenne Moreno Zanon torna nella sua città, Marghera, dopo che per molti anni ha girato il mondo, spostandosi soprattutto tra Thailandia e Brasile. Zanon è un campione di “Mma”, arti marziali miste, una disciplina molto violenta che viene combattuta all’interno di una gabbia. Disciplina violenta, certo, ma regolata da precise norme nell’ambito del professionismo internazionale.

Le arti marziali sono state la salvezza per Zanon: in gioventù, a Marghera,  ha imboccato la strada della malavita; ne è uscito grazie all’aiuto di Giovanni, un operaio sindacalista, ma soprattutto una persona generosa che gestisce  una palestra dove i ragazzi possono trovare un’alternativa al mondo dello spaccio e delle rapine. Non è stato altrettanto avveduto il fratello di Moreno, Marco, che è finito in carcere per gravi reati.

Ora Zanon, che è conosciuto nell’ambiente agonistico come il “Barba” ed è ricoperto di tatuaggi, ha l’occasione della sua vita: può misurarsi proprio in Italia con un fuoriclasse di Mma, l’irlandese O’ Connor, e tentare di conquistare una borsa estremamente consistente. 

Accade però un evento che manda in frantumi i progetti e le speranze del protagonista.  Marco viene gravemente ferito in prigione: ha fatto uno sgarro a un boss, Paolo Trabacchin, e se non paga i suoi debiti verrà di sicuro ammazzato. Zanon si sente perciò costretto a fare qualcosa per il fratello, a prendere contatti con  Trabacchin, che non è un malavitoso di mezza tacca: “Era stato un pezzo grosso della Mala del Brenta, un esperto rapinatore, e aveva gestito un paio di bische clandestine a Marghera quando il videopoker era ancora fantascienza” (p.17). 

Trabacchin, uscito da molto tempo di galera,  continua a mandare avanti floride attività criminali che hanno a che fare con i centri di accoglienza e lo sfruttamento degli immigrati; controlla pure il gioco d’azzardo nelle carceri (ecco perché Marco è finito nei guai con lui) e non disdegna di organizzare  giri di scommesse su  tremendi incontri di kickboxing. Non c’è da stupirsi dunque che in pratica costringa Moreno a battersi in una di queste arene clandestine dove però non vige alcuna regola, tutti i colpi sono ammessi. Il Barba accetta per aiutare il fratello a estinguere i debiti, ma anche perché è pressato dal maresciallo Di Ciolla che ha un antico conto aperto col mafioso e vuole chiuderlo usando Zanon come una sorta di infiltrato. Aggiungiamo soltanto – non s’intende anticipare troppo – che molte  sorprese  attendono Moreno in questa difficile impresa, alcune assai più dolorose delle mazzate che riceve dagli avversari…

Stefano Cosmo si è avvicinato alla scrittura, secondo quanto afferma nella nota finale, grazie ai consigli e incoraggiamenti di Massimo Carlotto. Ha evidentemente sfruttato anche le sue esperienze  lavorando “nel sociale come operatore di strada” e in quanto “appassionato di sport da combattimento”. 

In effetti sa descrivere con efficacia cosa può succedere “dentro la gabbia”, una gabbia  in cui non è presente un arbitro, non vengono rispettate le categorie di peso, non ci sono round e dunque l’incontro termina solo quando uno dei due contendenti soccombe. Ma quelli della lotta sono in fondo i momenti meno originali del romanzo: la mente dei lettori, o almeno di molti lettori, corre al filone cinematografico incentrato proprio sulle arti marziali che ebbe enorme successo tra gli anni Settanta e Novanta.  Si ha la sensazione in molti punti che debbano all’improvviso irrompere, in un singolare contesto veneto, Jean-Claude Van Damme e il  gigantesco combattente thailandese Ton-Po de Il nuovo guerriero,  oppure  Bruce Lee alla ricerca di un bàcaro.

L’aspetto che colpisce maggiormente di questo noir è piuttosto l’ambientazione. Forse per la prima volta Marghera diviene lo sfondo principale di un romanzo di genere. Attraverso le vicende drammatiche di Moreno Zanon ci si addentra nella realtà di quello che è stato uno dei più grandi poli industriali italiani ed europei: una realtà degradata, dove crescono  gli attriti sociali, la disoccupazione, la delinquenza organizzata. Eloquenti a questo proposito alcune riflessioni del protagonista: “Nonostante gli anni passati a girovagare per il mondo, una connessione indissolubile mi legava alla mia città, e di sicuro non dipendeva dalla bellezza. Per quella c’era Venezia … Marghera era il suo lato oscuro, ma più profondo, intriso di un’umanità forgiata da lotte operaie, licenziamenti, povertà, droga, crimine e voglia di rivalsa. Era stata illusa e violentata dalle multinazionali, picchiata, abbandonata ma non si era arresa. E non si era scrollata di dosso il proprio ingombrante passato. Nonostante tutto, però, resisteva” (p.249).

Insomma, anche Marghera “dentro la gabbia”.

Leonardo Gori, La libraia di Stalino, TEA 2023.

Dicembre 1941. 

Bruno Arcieri capitano del SIM, l’intelligence dell’Arma dei Carabinieri, viene inviato dal suo comandante sul fronte russo. A Stalino, in Ucraina, è stata intercettata una spia che comunica con gli inglesi e  va fatta tacere a tutti costi.

Ecco dunque che Arcieri si trasferisce da Roma nelle immediate retrovie dell’immensa zona di combattimento (nell’attuale oblast di Doneck, regione anche in questi giorni sanguinosamente contesa…). Deve indagare soprattutto all’interno dell’ospedale militare perché, a quanto pare, la radiotrasmittente che manda messaggi alla “Perfida Albione” si trova nascosta in quell’edificio o nei paraggi. 

La missione di Arcieri è anche una lotta contro il tempo dal momento che la clamorosa, in apparenza travolgente avanzata verso est dell’esercito tedesco e delle truppe italiane si è arrestata: l’ “Operazione Barabarossa” – messa in moto nel giugno del 1941 – segna il passo e si teme una controffensiva dei russi.

Tra il 21 e 29 dicembre il capitano si immerge completamente in una realtà disperata, si fa un’idea niente affatto superficiale di come funzionino il Comando italiano e in particolare l’Ospedale militare, giudica in che condizioni viva la popolazione locale. In particolare entra in contatto con i medici e i chirurghi che con straordinario coraggio e spirito di sacrificio svolgono il loro compito affrontando una situazione difficilissima per quanto riguarda le risorse e la logistica (mancano farmaci essenziali come i sulfamidici e le morti di soldati per infezione in seguito a ferite non si contano). All’interno di questo gruppo spicca la figura di colui che dirige l’ospedale, il colonnello Pitigrilli.

L’ufficiale, che rimarca subito di non avere rapporti di parentela col celebre romanziere (e informatore dell’Ovra), manifesta un carattere a dir poco eccentrico, non nasconde il suo antifascismo e le simpatie verso Stalin, eppure è tollerato almeno fino a quel momento dalle alte gerarchie dell’esercito e della politica: Pitigrilli ha infatti formidabili competenze professionali e ha dimostrato di sapere gestire una realtà – quella appunto dell’ospedale militare – che ben pochi sarebbero in grado di reggere sulle proprie spalle. Il colonnello permette di ricoverare e curare anche civili, e di fatto molti abitanti di Stalino hanno fraternizzato con medici e infermieri. 

Fin dal loro primo incontro il colonnello spiega con schiettezza ad Arcieri come  stanno le cose: “ «Non pensi troppo male, capitano», disse Pitigrilli, con voce cavernosa. Tossiva, forse era malato.

«Cosa dovrei pensare?».

«Se lei è qui per verificare eventuali voci sulla nostra condotta morale […] può tranquillizzare subito i bacchettoni di Roma».

Arcieri aggrottò la fronte: «Condotta morale?»

«C’è un via vai di visitatrici. Prima venivano solo per i loro uomini ricoverati, vecchi e ragazzi. Ma poi…ho lasciato fare […] La presenza femminile, la semplice presenza della donna, non significa necessariamente sesso. La gentilezza, il sorriso, sono ancora più importanti» (p. 45).

Al centro di questa complessa rete di rapporti e relazioni c’è Irina: bella, intelligente, decisa,  è la figlia del vecchio Sergej che per moltissimi anni ha tenuto aperta l’unica libreria di Stalino. La donna aiuta Arcieri nella sua missione, lo accompagna per le strade del paese guidando uno dei pochi mezzi disponibili, un camion di fabbricazione sovietica utilizzato di solito per trasportare i cadaveri: è l’allucinante “carro dei morti” dotato di un unico, enorme fanale.

Irina fa visitare al capitano la libreria che suo papa, come lo chiama affettuosamente, ha curato con appassionata dedizione fino allo scoppio del conflitto.  È uno dei punti più belli e intensi del romanzo: “Salirono pochi scalini, poi lei spinse una porta e si trovarono in una vasta sala, con le pareti piene di libri. Non si distinguevano bene, le coste sembravano tutte nere, per la scarsa luce. Ma non era completamente buio,  come in una stanza chiusa. Arcieri alzò la testa stupito. Vide passare degli uccelli, contro il cielo scuro, forse dei corvi. Quella sala piena di libri non aveva il soffitto” (p. 196).

Irina sa il pericolo che corre se i sovietici riconquistassero la città, sarebbe perseguitata e uccisa come tante altre donne che hanno intrattenuto rapporti col “nemico”. In realtà la giovane gioca un ruolo significativo – ovviamente non aggiungiamo altro su questo punto – nella missione affidata ad Arcieri, il quale avrà modo di ottenere  informazioni su fatti sconvolgenti, fatti occultati in una sorta di vaso di Pandora…

Ribadiamo quanto detto in diverse occasioni: etichette come “spy story” o “thriller storico” stanno ormai strettissime ai romanzi di Leonardo Gori e  possono apparire addirittura fuorvianti. Si tratta di “roman roman” – come avrebbe specificato Simenon – testi che descrivono, con un vigore narrativo scevro da enfasi e stereotipi, la complessa, coinvolgente avventura umana di un uomo, Bruno Arcieri, e di riflesso lo spaccato di un’epoca segnata da miserie indicibili, orrori terrificanti e nel contempo da atti di coraggiosa consapevolezza. Azioni che indicano la capacità, da parte di molti uomini a lungo lusingati o comunque influenzati dal regime,   di fare precise, indifferibili scelte di campo.

Andrej Longo, Solo la pioggia “mi piace raccontare le storie che mi vengono a cercare”

“Mi piace raccontare le storie e le storie mi vengono a cercare per essere raccontate” Andrej Longo, autore dell’ultimo libro duro e intenso che mi sento di definire (anche se l’autore non è completamente d’accordo) “noir familiare” “Solo la pioggia” edito da Sellerio, è stato ospite il 17 febbraio della Libreria Rinascita di Sesto Fiorentino in occasione della rassegna “Dalla parte del Giallo” in collaborazione con il Club del Giallo. 

Longo ha raccontato come ha incontrato la scrittura. “Mi occupavo di alcune sceneggiature all’epoce c’erano le lire – ha spiegato al pubblico – e dopo aver lavorato ad un testo che poi non è mai andato in fondo così come il pagamento previsto non è stato rispettato, ho pensato di cambiare lavoro e sono diventato pizzaiolo. Mi piaceva fare il pizzaiolo. Ma è stato quando ho incontrato mia moglie Lucy che mi ha chiesto: ma a te cosa piace fare? Scrivere un romanzo. E lei mi ha chiesto perchè non l’avessi ancora fatto. Ed è così che ho iniziato”.

Longo si è soffermato sulla scelta della lingua per raccontare una storia. “La prima volta che ho fatto leggere Solo la pioggia a mia moglie – ha detto Longo – la risposta è stata negativa. Mi ha detto che era noioso. La stessa risposta mi era stata data da un altro mio amico. Non capivo cosa dovevo togliere e poi ho cambiato la lingua, ho alleggerito il modo di parlare dei personaggi e quando Lucy lo ha riletto mi ha detto che andava bene: non ho capito cosa hai cambiato, ma adesso funziona”.

Andrej Longo ha poi parlata di Ischia dove è nato 63 anni fa e di Napoli la città dove risiede protagonista anche di Solo la pioggia.

Elena

“Solo la pioggia” di Andrej Longo con il Club del Giallo alla Libreria Rinascita

Andrej  Longo, Solo la pioggia, Sellerio 2021. Lo scrittore napoletano sarà ospite il 17 febbraio alle 18 della Libreria Rinascita di Sesto Fiorentino che con il Club del Giallo organizza la rassegna Dalla parte del Giallo.

I tre fratelli Corona sono i padroni di un paese della costa flegrea, non molto distante da Napoli. Il padre Antonio, morto da undici anni, è riuscito a esercitare un ferreo controllo su questa porzione del territorio campano: prima ha sgominato la concorrenza  con tipici metodi camorristici e poi si è gettato nel settore dell’edilizia e del cemento mettendo su una fortuna. Ora sono i suoi figli Carmine, Papele e Ivano che portano avanti l'”eredità” paterna.

Carmine, il maggiore, è il cervello, gestisce gli affari e pianifica il lavoro nei cantieri; Papele (che nulla ha a che fare col Papele/Raffaele della memorabile canzone degli Squallor…) è il braccio pronto a punire chi osa ostacolare i Corona; infine Ivano, molto più giovane dei fratelli, si occupa della parte prettamente finanziaria, amministra il patrimonio: del resto il patriarca ha voluto che lui studiasse, consapevole delle sue capacità e della sua intelligenza.

Insomma i tre sembrano formare una squadra pressoché perfetta, tanto più che il tempo delle faide feroci è praticamente terminato,  ormai tutti temono i Corona e il timore genera rispetto, la merce più preziosa che esista in un mondo in cui i confini tra imprenditoria e malavita sono spesso indistinguibili.

Il giorno dell’anniversario della morte di Antonio  gli uomini di casa Corona si ritrovano insieme,  a cena da Ivano, il “cucciolo”, che vive ancora da solo e cucina benissimo. È un modo   per chiacchierare  del business, sempre più florido, ma anche per scambiare confidenze, battute, ricordi e perfino  manifestazioni di affetto e complicità: da questo appuntamento sono rigorosamente escluse le donne (la sorella e la madre ancora in vita).

Ma questa volta – durante la cena descritta nel romanzo – qualcosa non va per il verso giusto. Ognuno ha un segreto da svelare: Carmine vuole entrare in politica per arraffare appalti e mungere i finanziamenti europei; Papele  ha problemi con la moglie Carmela:  la sua “sciasciona” non gli basta più, è diventato un cliente fisso di una prostituta ucraina; ma soprattutto è Ivano a essere insofferente, vuole uno spazio tutto suo, una vita diversa rispetto a quella che gli ha imposto la famiglia.

Tutto precipita nel giro di poche ore, mentre una pioggia torrenziale flagella le città della costa, si abbatte implacabile sulla Cumana trasformando le strade dei paesi in fiumi. Il narratore tratteggia in pochi passi incisivi uno scenario apocalittico. E una apocalisse ( alla lettera: apocalisse come “rivelazione”) prende forma nell’appartamento di Ivano. Dopo aver mangiato paste cresciute e friarielli e dopo aver bevuto molte bottiglie di Gragnano, stimolati dall’alcol, i Corona confessano le loro ambizioni, le passioni più riposte. Ma non tutto quello che emerge da questo sfogo di sincerità è accettabile: Carminù e Papè, così si chiamano in maniera confidenziale, capiscono che qualcosa sta scricchiolando all’interno della famiglia, qualcosa   che minaccia la merce più preziosa: il rispetto verso il loro nome. Da questo momento la vicenda scivola lungo un piano inclinato, fino alla conclusione della serata che, ovviamente non sveliamo…

Andrej Longo si conferma narratore di razza, dotato del dono di sparigliare le carte, di infrangere le regole del genere. In Chi ha ucciso Sarah? – pubblicato da Adelphi nel 2009 e ora ristampato da Sellerio – fingeva di seguire i canoni dell’indagine poliziesca per fare emergere il problema della solitudine e dell’indifferenza, e anche in Solo la pioggia non si smentisce. All’inizio si ha l’impressione di essere dentro uno spin-off di Gomorra ma presto capiamo che il discorso riguarda ben altro: riguarda il mistero  per cui i legami di sangue, la tenerezza che nutriamo verso i nostri cari  – e non c’è dubbio che l’astuto Carminù e il feroce Papè coltivino affetto per il loro cucciolo – si possono ribaltare con impressionante facilità nell’odio e nella violenza più devastante.

Comprendiamo tutto questo grazie a un narratore che alterna potenti squarci descrittivi a un dialogo teso, calibratissimo, che pare pronto per essere trasformato in una pièce di teatrale. Di sicuro successo.

Riccardo Parigi

Andrej Longo presenta “Solo la pioggia” alla Libreria Rinascita con il Club del Giallo

Secondo appuntamento alla Libreria Rinascita Ubik di Sesto Fiorentino con il ciclo di incontri, dedicato alla narrativa di genere in collaborazione con il Club del Giallo di Sesto Fiorentino. Andrej Longo, una delle voci più forti del filone giallo di questi ultimi anni, parteciperà alla nuova rassegna“Dalla parte del giallo”. L’appuntamento con Andrej Longo è giovedì 17 febbraio alle ore 18 alla Libreria Rinascita con il suo libro Solo la pioggia, edito da Sellerio.

“Il francese” di Massimo Carlotto: un nuovo personaggio del noir per raccontare la provincia

Massimo Carlotto, Il francese, Mondadori 2022.

Toni Zanchetta, detto il Francese, è un macrò, un magnaccia che si muove nell’operoso Nordest, soprattutto tra Padova, Vicenza e Abano. Si considera ormai una sorte d’imprenditore, ha messo su una maison, così la definisce con orgoglio, un gruppo di giovani donne tutte di origine veneta, fatta eccezione per un’abruzzese. A ciascuna delle ragazze ha dato un nome francese (Claire, Isabelle, Chantal, Margot) e ha assegnato un “profilo” con determinate caratteristiche, appetibili per una certa clientela danarosa e dai gusti particolari. È soddisfatto Zanchetta: avendo cominciato a bazzicare il mondo della prostituzione a quattordici anni ed essendo entrato in una feroce banda di albanesi appena diciassettenne, ha fatto una lunga gavetta. Da molto tempo si è messo in proprio e gli affari vanno a gonfie vele anche perché ha i contatti giusti, agisce con cautela evitando di invischiarsi nello spaccio della droga e di pestare i piedi ad altri malavitosi. Possiede ormai un gruzzolo più che consistente per cui, a quarantasei anni, pensa di stare nel giro – “giro medio-alto, ci tiene a precisarlo – ancora per  un po’    e quindi ritirarsi dalla piazza, magari acquistando una villetta sul Brenta.

Ma la vita del macrò è fatta di imprevisti: una delle sue ragazze, Claire, sparisce nel nulla poco dopo che lui l’ha accompagnata in un hotel di lusso per un appuntamento con un cliente. Zanchetta è dunque l’ultimo ad averla vista e il primo a essere sospettato da Franca Ardizzone, una poliziotta efficiente, determinata, un autentico mastino che non molla la presa. Qui inizia il difficilissimo periplo del Francese, la corsa a ostacoli per dimostrare la propria innocenza, una corsa che incrocia avvocati, esosi informatori, possibili testimoni, bande pronte a fare un sol boccone della maison.

Ma a questo punto non possiamo andare oltre, troppo grande è il rischio di svelare i risvolti decisivi e le numerose sorprese che riserva il romanzo. Diciamo però che il nuovo personaggio creato da Massimo Carlotto si ritaglia uno spazio tutto speciale nel panorama del noir italiano. Moltissimi i punti di forza e i tratti originali: Zanchetta non è una sentina di nefandezze né ha un inferno familiare alle spalle e neanche rimugina su traumi inauditi che hanno segnato per sempre la sua psiche (come molti eroi negativi della letteratura di genere targata anni 2000).

Ha idee estremamente chiare: esiste un fiorente mercato e lui mette in vendita la sua “merce”, di cui ha estrema cura. Anzi, pensa di essere quasi un benefattore della maison in quanto concede addirittura il cinquanta per cento dei profitti alle ragazze. In realtà sa essere violento, eccome; se qualche giovane donna vuole affrancarsi dal macrò deve sborsare duecentomila euro; chi tenta di fare la furba rischia di essere massacrata a colpi di racchetta da tennis (per sistemare un boss della mafia serba ne usa una al titanio: noblesse oblige…).

Un “magnaccia a sonagli” lo chiama Margot, e la definizione piace moltissimo al commissario Franca Ardizzone: come i serpenti Zanchetta cambia pelle, si adatta all’ambiente, ma rimane un rettile pericoloso. Eppure il fuoco di fila che si apre dopo la scomparsa di Claire lo costringe a riflettere su se stesso, a rivedere l’immagine di cartapesta che si è costruito addosso, di duro non insensibile alle esigenze delle donne che sfrutta. Intendiamoci, non è un percorso di “redenzione”, di pentimento quello che percorre il Francese, tutt’altro; anche alla fine Toni Zanchetta rivendica con fierezza il nomignolo che si è conquistato sul campo. Ma tante strade si aprono  nell’epilogo, strade che potrebbero invogliare l’ex macrò a varcare i confini della provincia in cui il contante, il pagamento in “nero”, è qualcosa di sacro, e la carta di credito tracciabile una bestemmia in Chiesa. Siamo convinti che Zanchetta farà questo passo, lo ritroveremo protagonista di un altro romanzo.

E di questo non si può che essere contenti: Carlotto si conferma infatti uno degli happy few che possono guardare tranquillamente negli occhi certi brillanti noiristi d’Oltralpe (pensiamo in particolare a Pierre Lemaitre e al suo Il serpente maiuscolo anch’esso uscito di recente presso Mondadori, come Il francese).

Giovedì 10 febbraio alle ore 18, presso il Cinema Grotta, il Club del Giallo di Sesto Fiorentino, in collaborazione con la Libreria Rinascita, inaugura la rassegna “Dalla parte del giallo”. Elena Andreini intervisterà proprio Massimo Carlotto: si parlerà de Il francese, dell’Alligatore e di molte altre cose. Un’occasione da non perdere!

Riccardo Parigi

Premiazione del concorso Giallo Fiorentino dedicato a Luca Bandini: i vincitori

Si è tenuta sabato 30 ottobre, alla Libreria Rinascita di Sesto Fiorentino, la premiazione della VII edizione del concorso letterario poliziesco, giallo e thriller “Giallo Fiorentino dedicato a Luca Bandini” organizzato dal Club del Giallo con il patrocinio del Comune di Sesto Fiorentino, alla presenza del- l’assessore alla Cultura del Comune di Sesto Fiorentino, Jacopo Madau. Tema di questa edizione è stato “La cucina in giallo”. La giuria era compo- sta da chef, giallisti, giornalisti.

Il vincitore della settima edizione è Mario Bertoli di Pisa con il racconto “Un omicidio per D’Annunzio”, al secondo posto si è classificato Andrea Carra- resi di Sesto Fiorentino con il racconto “L’espressione di Spanò. Terzo classificato è stato Andrea Beretta di Firenze con “Il Bagatto”.

Gli altri presenti nel volume sono: Anna Cecioni di Firenze con “L’urlo”, Carla Querci di Serravalle Pistoiese con “Il quarto Re”, Fabrizio De Sanctis di Firenze con “Personal Chef”, Davide Savorelli di Borgo San Lorenzo con “La porchetta umana”, Mauro Salvadori di Firenze con “Alla Quercia del- l’Angelo”, Ugo Criste di Torino con “Rigorosamente con il Chianti” e Oriano Bertoloni di Marina di Carrara con “Suicidio a Castelpoggio”.

Ai primi tre classificati sono stati consegnati doni degli sponsor, a tutti è stato assegnato il diploma di partecipazione e la pubblicazione del proprio

racconto, da parte della casa editrice apice libri di Stefano Rolle, nell’anto- logia dal titolo “Fornelli coltelli” in vendita in libreria.

Nell’occasione è stato presentato il tema dell’ottava edizione del concorso “Giallo Fiorentino dedicato a Luca Bandini”, che sarà il viaggio all’interno dei confini della Toscana.

 

Se “Il testimone chiave” è un carlino… un giallo di Sarah Savioli

E’ un giallo particolare quello di Sarah Savioli “Il testimone chiave” edito da Feltrinelli. Un carlino si dà alla fuga dopo aver fiutato che i suoi nuovi padroni intendono castrarlo. Niente di sorprendente… se quel cane non fosse il testimone chiave di un suicidio che in verità è un omicidio. Il 22 ottobre alle 18 Sarah Savioli dialogherà con Stefano Miniati con letture di Federica Miniati e sonorizzazioni a cura di Alex Biagi alla Biblioteca CiviCa di Calenzano. L’iniziativa è promossa dall’associazione culturale La Nottola di Minerva, nell’ambito del progetto Felicità Metropolitane – V edizione, con il patrocinio della Città Metropolitana.

C’è un killer in salotto! Le notti di Mechelen di Marcello Salvi

Non deve essere stata una bella scoperta entrare in casa e trovar un cadavere spiaggiato sul tappeto del salotto. Ci vuole sangue freddo (eh!) per far scomparire il cadavere e anche un po’ di fantasia oltre che di forza… L’Ispettore Capo Du Pre, della Polizia di Parigi, si trova a Mechelen dove viene coinvolto nelle singolari indagini riguardanti un corpo trovato nel fiume. E’ la trama del libro di Marcello Salvi “Le notti di Mechelen”. Mentre l’ispettore indaga una donna scompare e un killer professionista si aggira per le silenziose stradine di Mechelen e il suo vecchio amico Peter va der Broek, Ispettore della Polizia Belga semina dubbi circa la loro reale amicizia. Ma gli intrighi non sono finiti, nel frattempo, infatti c’ un problema con Duchessa….