Oggi presentiamo un libro anche se non è un giallo. Ma è un libro che pone delle domande sull’esistenza…
Era un rischio e l’ho corso. Il rischio era che alla fine delle 300 pagine esclamassi “che razza di libro” ed è andata così, ma ho anche aggiunto “coinvolgente”. In certi momenti ho dovuto fermarmi nella lettura e restare a recuperare la storia, perchè la storia e le parole scelte (probabilmente un grazie va al traduttore) per raccontarla, mi avevano emozionato, avevano scatenato in me un tempesta imperfetta di sentimenti e controsentimenti, di ferite chiuse e riaperte. E’ stato come assistere ad una turbolenta imprevedibile tromba d’aria che ha raccolto i puzzle della mia vita quasi composti in una traballante e scomposto turbinio di emozioni. “Che razza di libro” di Jason Mott è un romanzo che si può leggere a ripetizione, è come un loop che non se ne va dalla testa e dallo stomaco. E’ un libro double face, sembra leggero e surreale con la storia dell’immaginazione che ha preso prigioniero lo scrittore la cui vita è stravolta, in modo positivo, dall’arrivo del successo della propria opera. E invece è più profondo, solleva con una delicatezza quasi poetica, problemi mai risolti come quello del razzismo, del bullismo, della solitudine e soprattutto della morte. La trama è un incrocio di persone nella vita di uno scrittore che appena terminato la sua opera dal titolo “Che razza di libro!”- Durante gli spostamenti negli Usa per la presentazione del suo volume incontra personaggi veri e immaginari, pronti a incollarsi alla sua esistenza e farli diventare protagonisti e comprimari della sua vicenda trasformata in un libro: una storia nella storia. Lo scrittore incrocia anche la vita di Ragazzino, giovane bullizzato, il personaggio immaginario che rappresenta il passato e il futuro, il già detto e quello che ancora resta da capire, la parte innocente e quella ferita dello scrittore. Si arriva in fondo con un nodo alla gola, con la voglia di ricominciare, come a voler sfuggire all’inevitabile traguardo della morte solo per dire “che razza di vita!”.